Legittimo il controllo del datore di lavoro sul dipendente

di Daniele Costa

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Principio: i limiti imposti dall’art. 3 dello Statuto dei Lavoratori non fanno venir meno il potere del datore di lavoro di controllare l’adempimento delle prestazioni lavorative, direttamente o tramite la propria organizzazione gerarchica. L’esercizio di tale potere può avvenire anche in maniera “occulta”, senza che ciò implichi la violazione del principio di correttezza e buona fede nell’esecuzione del rapporto di lavoro, soprattutto in quei casi in cui la predetta modalità trovi giustificazione nella pregressa condotta dei dipendenti.

Il Caso

Il caso oggetto della pronuncia in commento riguarda un’ipotesi di licenziamento disciplinare di un portalettere per scarsa diligenza e per inosservanza degli obblighi e dei doveri di servizio.

In particolare, i fatti di causa dimostravano un costante ritardo nell’esecuzione della prestazione e delle direttive ricevute, circostanza che si sostanziava nella consegna della corrispondenza a macchia di leopardo, senza alcun valido motivo.

Il dipendente, soccombente nei primi due gradi di giudizio, presentava ricorso per Cassazione, sostenendo l’erronea o falsa applicazione degli artt. 3 e 4 della Legge 20 maggio 1970 n. 300 (il cd. Statuto dei Lavoratori), norme che, come noto, pongono dei limiti ai poteri di controllo dei datori di lavoro.

Sul punto, il ricorrente rappresentava che il controllo svolto dal datore di lavoro non poteva in nessun caso riguardare l’adempimento o l’inadempimento dell’obbligazione contrattuale e che tale controllo, per potersi ritenere legittimo, “avrebbe dovuto limitarsi agli atti illeciti del lavoratore non riconducibili al mero inadempimento dell’obbligazione”.

Inoltre, per essere considerato legittimo, il controllo avrebbe dovuto essere sottoposto alla duplice condizione che fossero resi noti i nomi dei soggetti deputati al controllo (cfr. art. 3 Statuto dei Lavoratori) e che tale controllo non avvenisse “a distanza”.

La Sentenza

Investita della questione, la Suprema Corte (sent. n. 21888/2020) rigetta in toto il ricorso presentato dal lavoratore per le seguenti ragioni.

Con riferimento al richiamo dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori, i Giudici di legittimità hanno ritenuto non applicabile la predetta norma alla fattispecie in questione, in quanto i limiti alle attività di controllo ivi disciplinati sarebbero riferibili esclusivamente ai controlli effettuati mediante “impianti audiovisivi ed altre apparecchiature”.

Nel caso in questione, invece, l’attività di controllo sul lavoratore era stata eseguita da un superiore gerarchico e da un componente dell’ufficio ispettivo.

Per quanto riguarda, invece, il richiamo all’art. 3 dello Statuto sopra indicato, la Cassazione ha precisato come i limiti imposti da tale norma, vale a dire il fatto che il datore di lavoro possa incaricare persone da lui preposte per la tutela di specifici interessi (es. tutela del patrimonio aziendale), non facciano, in ogni caso, venir meno il potere di “controllare l’adempimento delle prestazioni lavorative, direttamente o tramite la propria organizzazione gerarchica”.

I Giudici di legittimità hanno altresì precisato che la legittimità dell’esercizio del potere di controllo, da parte del datore di lavoro, prescinde dalle modalità con le quali viene attuato, attesa “la particolare posizione di colui che lo effettua” e, pertanto, può avvenire anche in maniera “occulta”, senza che ciò implichi la violazione del principio di correttezza e buona fede nell’esecuzione del rapporto di lavoro.

Autori

Daniele Costa

Founder

daniele.costa@kbl-law.com

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licenziamento legittimo controllo prestazione lavorativa validità