Limiti al potere di attribuzione e revoca del compenso all’amministratore
di Daniele Costa
in Commerciale e SocietarioSintesi: il compenso spettante all’amministratore di una società di capitali, se non è stabilito direttamente dallo statuto, viene determinato dall’assemblea dei soci all’atto della nomina o successivamente e, in mancanza, mediante valutazione equitativa del giudice. Una volta che l’assemblea ha riconosciuto all’amministratore il diritto al compenso, tale diritto non è più revocabile, né modificabile, in mancanza del consenso dell’amministratore. Tale consenso deve essere espresso mediante una comunicazione indirizzata direttamente alla società, non essendo sufficiente l’invio a soggetti terzi (es. commercialista e/o il consulente del lavoro della società).
Il Caso
Il caso odierno riguarda uno dei temi con maggiori implicazioni pratiche in materia di società di capitali, vale a dire quali sono i poteri dell’assemblea con riferimento ai compensi dell’amministratore.
Come noto, il principio base è che il compenso spettante all’amministratore di una società di capitali, se non è stabilito dallo statuto, viene determinato dall’assemblea dei soci all’atto della nomina o successivamente e, in mancanza, mediante valutazione equitativa del giudice (cfr., ex plurimis, Cass. Civ. n. 2021 del 1995; Cass. Civ. n. 3559 del 1976; Cass. Civ. n. 1100 del 1974: Cass. Civ. n. 2111 del 1968; Cass. Civ. n. 959 del 1967).
Inoltre, una volta che l’assemblea ha riconosciuto all’amministratore il diritto all’emolumento, tale diritto, in quanto tale ed in particolare in quanto individuale, non è più revocabile e può venir meno o modificato soltanto con il consenso dell’amministratore.
Nella fattispecie oggetto della pronuncia in commento un amministratore di una S.r.l. (“Amministratore”) otteneva l’emissione di due decreti ingiuntivi per mancato pagamento dei compensi, di cui:
- primo decreto (“Primo Decreto Ingiuntivo”) relativo ai mesi di febbraio, marzo e aprile 2016;
- secondo decreto (“Secondo Decreto Ingiuntivo”) relativo ai mesi di maggio, giugno, luglio 2016.
Secondo l’Amministratore, il pagamento dei suddetti compensi era dovuto in quanto approvato nella delibera assembleare del 7 gennaio 2016 (“Prima Delibera”).
Nella Prima Delibera, in sostanza, l’assemblea, prendendo atto della situazione di crisi in cui versava la società (“Società”), decideva di approvare i compensi per gli amministratori esclusivamente per i primi quattro mesi dell’anno.
La Società, tuttavia, presentava atto di citazione in opposizione, depositando due delibere assembleari approvate successivamente in data 13 giugno 2016 (“Seconda Delibera”) e 4 agosto 2016 (“Terza Delibera”), da cui si evinceva che i compensi richiesti erano stati revocati.
La Sentenza
Investito della questione, il Tribunale Milano, con la sentenza n. 3755/2020, accoglie parzialmente l’opposizione presentata dalla Società.
Iniziando dall’analisi della domanda relativa alle somme indicate nel Primo Decreto Ingiuntivo, i Giudici di Milano ritengono che la richiesta dell’Amministratore debba essere accolta.
Il Tribunale, infatti, ha ritenuto inconferenti le eccezioni formulate dalla Società, basate sul contenuto della Seconda e Terza Delibera.
Nello specifico, i Giudici hanno dichiarato la nullità (in via incidentale) della Seconda Delibera, in quanto dai fatti di causa era emerso che, contrariamente a quanto indicato nella delibera in questione, l’Amministratore – che era anche socio di minoranza della Società – non aveva partecipato alla relativa assemblea, in quanto non era stata a lui inviata la convocazione.
Da ciò derivava che la dichiarazione di rinuncia ai compensi contenuta nel verbale della riunione era priva di qualsiasi efficacia.
Con riferimento, invece, alla Terza Delibera, la stessa è stata ritenuta valida, in quanto risultava la partecipazione di entrambi i soci (socio Amministratore, titolare del 5% e l’altro socio amministratore, titolare del restante 95%), ma inefficace per i seguenti motivi:
- Amministratore aveva votato contro la revoca dei compensi;
- il fatto che vi fosse una situazione di crisi economica era circostanza già nota alla Società fin dalla Prima Delibera ed era proprio per questa ragione che erano stati approvati i compensi solo per il primo quadrimestre.
La Società, inoltre, depositava in giudizio anche una presunta mail inviata dall’Amministratore al commercialista e consulente del lavoro, in cui avrebbe manifestato il proprio assenso al contenuto della Seconda Delibera, ma la prova veniva ritenuta inammissibile dal Tribunale sia dal punto di vista formale, che sostanziale.
Sotto il primo profilo il Tribunale condivide l’eccezione sollevata dall’Amministratore, il quale aveva provveduto a presentare querela, in quanto, successivamente alla cessazione dalla carica, erano state modificate le credenziali di accesso alla propria casella mail.
Dal punto di vista sostanziale, invece, i Giudici di Milano hanno evidenziato come la rimessione del debito sia efficace solo a condizione che la comunicazione venga inviata dal creditore (Amministratore) al debitore (la Società): “la remissione del debito espressa è strutturata, ai sensi dell’art. 1236 c.c., quale negozio unilaterale recettizio relativamente al quale la dichiarazione ex parte creditoris diventa operativa dei suoi tipici effetti estintivi soltanto in conseguenza della relativa comunicazione al debitore (art. 1334 cod. civ.). Ne consegue che, non può essere attribuita validità ed efficacia di remissione del debito alla dichiarazione remissoria che sia indirizzata da parte del remittente a terzi rispetto al rapporto obbligatorio cui la stessa si riferisce” (cfr. sul punto Cass. Civ. n. 2021 del 1995; Cass. Civ. n. 3559 del 1976; Cass. Civ. n. 1100 del 1974; Cass. Civ.n. 2111 del 1968; Cass. Civ. n. 959 del 1967).
Per quanto riguarda, invece, il Secondo Decreto Ingiuntivo, il Tribunale ha accolto l’opposizione presentata dalla Società, revocando, quindi, il decreto ingiuntivo precedentemente emesso.
La Corte di Milano, infatti, ha ritenuto non dovuti i compensi per le seguenti ragioni:
- in linea generale il ruolo di amministratore può anche essere ricoperto gratuitamente;
- la Terza Delibera aveva ribadito la persistenza di una situazione di crisi economica per la Società (ragion per cui nella Prima Delibera erano stati approvati i compensi solo per il primo quadrimestre) e si è limitata a fornire disposizioni per il futuro, senza revocare i compensi già deliberati;
- la circostanza che la situazione di crisi economica non fosse vera (secondo l’Amministratore, infatti, il socio maggioritario, divenuto poi amministratore unico, aveva continuato a percepire normalmente il proprio emolumento) avrebbe dovuto essere fatta valere mediante impugnazione della delibera nei termini prescritti dalla legge.