Accordi di partnership e recenti sviluppi giurisprudenziali
di Roberto Alma
in Commerciale e SocietarioPartnership tra imprese: l’importanza di accordi chiari
Sintesi
Nei rapporti di partnership in cui due o più imprese decidono di lanciare un progetto comune, ripartendo investimenti ed attività è estremamente importante definire i reciproci obblighi in un documento contrattuale chiaro e preciso. Molto spesso questo aspetto tende ad essere sacrificato per esigenze di speditezza e snellezza. Ciò però comporta un incremento non solo del rischio di contenzioso, ma anche della prevedibilità dell’esito.
In questa sentenza, infatti, il Giudice ammette espressamente di aver avuto difficoltà a ricostruire l’oggetto del contratto e la volontà delle parti e ciò ha, inevitabilmente, inciso sull’esito del giudizio. A ciò si è poi aggiunta una gestione non adeguata delle fasi di avanzamento del progetto.
Il consiglio che ci sentiamo di dare agli imprenditori, quando intendono avviare delle partnership è esattamente quello di determinare con esattezza:
- l’ambito oggettivo delle attività affidate a ciascuna parte, possibilmente con l’ausilio di esempi;
- ove possibile, obiettivi misurabili alla luce dei quali valutare l’operato delle parti;
- modalità e tempistiche per l’esecuzione dei singoli task oggetto della collaborazione;
- finestre temporali in cui eventualmente effettuare contestazioni sull’operato altrui.
Il caso
Due imprese (che chiameremo Alfa e Beta), desiderose di lanciare sul mercato un software per il tracciamento degli spostamenti di dipendenti ed agenti commerciali, avevano deciso di cooperare, sottoscrivendo un contratto di collaborazione per la ripartizione delle attività da svolgere.
Nella prassi commerciale, infatti, non è infrequente che due soggetti decidano di lanciare nuovi progetti di impresa, ripartendo i necessari investimenti o i task da svolgere (es. uno si occuperà degli aspetti IT, l’altro degli aspetti commerciali ecc.). Spesso vengono utilizzate forme contrattuali specifiche come accordi di joint-venture o contratti di rete, altre volte, invece, ci si affida a documenti “destrutturati”, spesso di natura prettamente commerciale e non legale, nell’ottica di un rapido avvio del progetto. Time is Money
Nel contratto, pertanto, le parti concordavano che:
- Alfa si sarebbe occupata di tutte le attività IT (sviluppo software, sistemistica, supporto e manutenzione), ma anche del marketing e della commercializzazione nei territori non di lingua tedesca;
- Beta, invece, avrebbe collaborato con Alfa nello sviluppo del front-end del software ed inoltre si sarebbe dovuta occupare del marketing e della commercializzazione del software nei mercati tedeschi.
Come, purtroppo, spesso accade, questa partnership non aveva dato i frutti sperati e, di conseguenza, Alfa inviava una comunicazione di recesso, con la quale manifestava la volontà di “uscire dall’accordo”. Beta contestava la comunicazione ricevuta e scaturiva un contenzioso.
Parte | Tesi sostenuta |
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Beta | Sosteneva l’inadempimento di Alfa a causa di una serie di difetti del software che ne avevano impedito la proficua commercializzazione nell’area di competenza (i mercati tedeschi). Aveva chiesto circa 52.000 euro a titolo di risarcimento danni. |
Alfa | Respingeva le accuse di Beta, in quanto evidenziava sia che quest’ultima non avesse dato alcun contributo al progetto comune (non avendo né collaborato al front-end del software né effettuato la promessa attività commerciale) sia che il software era stato, comunque, commercializzato in Italia, con soddisfazione della clientela (sia pur dopo la separazione dei partner). Aveva, quindi, chiesto, in via riconvenzionale, circa 63.500 euro, a titolo di risarcimento danni. |
La sentenza
La questione veniva quindi esaminata dal Tribunale di Vicenza (sentenza del 16 marzo 2021) che, viste le posizioni contrapposte ed inconciliabili avanzate dalle parti, ha, in primo luogo, cercato di comprendere l’esatta portata dell’accordo commerciale che aveva dato origine alla controversia.
Il Giudice ha immediatamente incontrato difficoltà nella individuazione dell’oggetto del contratto, sia per l’utilizzo di un linguaggio non appropriato (derivante da “espressioni in un italiano un po’ claudicante ed altre dal tenore assolutamente vago e generico”), sia per una intrinseca genericità del testo contrattuale (in quanto non si riusciva a comprendere immediatamente le attività affidate a ciascuna parte).
In secondo luogo, non era neppure stato possibile effettuare una CTU tecnica sul software all’epoca realizzato da Alfa perché non disponibile e, quindi, il Giudice si è trovato a dover decidere la controversia utilizzando i (pochi) elementi probatori a disposizione.
Un elemento che è stato tenuto in grande considerazione dal Giudice è stata l’assenza di precedenti contestazioni di Beta sull’operato di Alfa.
Nelle relazioni commerciali, infatti, vige il principio di comportarsi secondo correttezza e buona fede, per cui ove sia necessario effettuare contestazioni sulle prestazioni eseguite dalla controparte è necessario che ciò avvenga tempestivamente e non a distanza di tempo (nella prassi, infatti, le contestazioni vengono effettuate solo all’atto della richiesta di pagamento, anche quando le prestazioni siano già state integralmente eseguite)
Il Giudice, infatti, rileva che il “contegno, di remunerare gli “stati di avanzamento” del software, e non formulare, mai, in tempi “non sospetti”, alcuna contestazione scritta di vizi o problemi, è il tipico contegno di chi sta apprezzando il lavoro fatto dal proprio partner d’impresa”
Nella redazione di questa tipologia di accordi, infatti, sarebbe opportuno specificare una serie di obiettivi (“Milestone”) e disciplinarne le modalità di verifica, valutando il ricorso, ove opportuno, ad un esperto che effettui una perizia tecnica in merito al raggiungimento di un obiettivo. Ciò risulta necessario onde evitare che si verifichino situazioni come quelle oggetto della controversia di cui stiamo parlando.
Inoltre, la circostanza (non contestata da Beta) circa il fatto che alcune copie del software fossero state comunque vendute a clienti soddisfatti da Alfa ha indotto il Giudice ad affermare l’inesistenza di un inadempimento addebitabile ad Alfa ed ha, quindi, rigettato la domanda di condanna al risarcimento dei danni nei confronti di quest’ultima.
Il Tribunale, tuttavia, anche rigettato la domanda proposta da Alfa nei confronti di Beta in quanto non raggiunta la prova del danno subito dalla prima, pur avendo, comunque, riconosciuto che Beta non avesse adempiuto ai propri obblighi (non avendo dimostrato né di aver cooperato allo sviluppo del software, né di aver effettuato attività promozionali nei mercati di lingua tedesca).
Nei contratti, spesso, può avere senso predeterminare l’importo del risarcimento dovuto in caso di inadempimento alle obbligazioni, utilizzando delle clausole penali.
In questa sentenza, pertanto, abbiamo potuto osservare come errori a cascata nella impostazione del contratto di collaborazione si siano riflessi negativamente nelle stesse relazioni commerciali delle parti ed abbiano reso il contenzioso che ne è scaturito meno prevedibile e più rischioso.