L’esercizio del diritto di prelazione comporta l’obbligo di cessione delle quote?
di Daniele Costa
in Commerciale e Societario M&A e Capital MarketsL’esercizio del diritto di prelazione comporta l’obbligo di cessione delle quote?
Nelle società di capitali la clausola di prelazione costituisce spesso la “base” delle disposizioni che regolamentano il trasferimento delle partecipazioni sociali.
Essa, in sostanza, prevede che, nel caso in cui un Socio intenda cedere la propria partecipazione ad un soggetto terzo, debba preventivamente darne comunicazione agli altri Soci, indicando le condizioni principali del trasferimento e gli altri Soci hanno un termine entro il quale possono decidere di acquistare la quota in questione alle medesime condizioni.
La ratio del diritto di prelazione sta nel favor che l’ordinamento riconosce ai Soci attuali: a parità di condizioni, questi ultimi devono essere preferiti rispetto ai terzi.
Tale clausola, tuttavia, nasconde nella pratica alcune insidie e problemi applicativi, come ci dimostra il caso oggetto dell’ordinanza del Tribunale di Milano emessa il 28 gennaio 2020.
Caso
In una S.r.l. composta da 3 soci (Socio A al 50%, Socio B al 45%, Socio C al 5%), il Socio A decide di cedere la propria partecipazione ad un soggetto terzo.
In ossequio alle disposizioni contenute nello Statuto, il Socio A invia, quindi, una comunicazione di avviso agli altri due Soci (cd. Denuntiatio).
In materia di prelazione, l’art. 7 dello Statuto recitava quanto segue “In caso di trasferimento di quote di partecipazione per atto tra vivi, i soci avranno diritto di prelazione per l’acquisto di quote a parità di condizioni coi terzi. Pertanto il socio che vorrà cedere, in tutto o in parte, la propria quota dovrà darne comunicazione a tutti gli altri soci mediante lettera raccomandata con A. R. Per poter esercitare il diritto di prelazione, i soci dovranno comunicare la loro decisione al socio cedente entro trenta giorni dal ricevimento della suddetta lettera raccomandata. Il diritto di prelazione spetterà ai soci in proporzione alle quote dagli stessi possedute; tale diritto è cedibile tra i soci stessi”.
Il Socio C esercita il proprio diritto di prelazione nei termini previsti dallo Statuto, dichiarando di voler acquistare il 5% dell’intero capitale sociale.
Dopo qualche giorno il Socio A comunica al Socio C che non gli avrebbe ceduto la quota richiesta per le seguenti ragioni:
- il soggetto terzo aveva dichiarato di non essere più interessato all’acquisto;
- il diritto di prelazione non era stato validamente esercitato dal Socio C, in quanto aveva ad oggetto una quota (5% del capitale sociale) non coincidente con quella indicata nella Denuntiatio (50% del capitale sociale).
Il Socio C decide di adire il Tribunale di Milano chiedendo di
- dichiarare già avvenuto il trasferimento quote per effetto della ricezione da parte del Socio A della comunicazione di esercizio del diritto di prelazione inviata dal medesimo Socio C; o
- nel caso di mancato accoglimento della domanda principale, emettere sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c. (vale a dire una sentenza che determinasse il trasferimento delle suddette quote).
Ordinanza
Con l’ordinanza in commento il Tribunale di Milano rigetta il ricorso cautelare presentato dal Socio C sulla base del seguente principio di diritto “la denuntiatio rappresenta non una vera e propria proposta contrattuale, bensì una mera dichiarazione di una intenzione a vendere ad un terzo, volta ad innescare una eventuale proposta di acquisto da parte dell’oblato, alle medesime condizioni dichiarate nella denuntiatio, proposta alla quale dunque, per la conclusione del negozio di cessione, deve far seguito una ulteriore accettazione del denunziante, solo in presenza della quale si può dire concluso il negozio, ovvero si può dir sorto in capo all’oblato il diritto alla conclusione del contratto di cessione di quote”.
In altre parole, la comunicazione di esercizio del diritto di prelazione inviata dal Socio C non costituisce, a parere del Tribunale, un’accettazione della proposta effettuata dal Socio A, bensì è essa stessa configurabile come una proposta cui, pertanto, dovrà necessariamente seguire l’accettazione da parte del Socio cedente al fine di determinare l’obbligo di trasferimento della quota.
Dal punto di vista pratico, ciò implica che il Socio che intende cedere la propria partecipazione sociale a terzi e, a tal fine, invia agli altri Soci la cd. Denuntiatio, è libero, qualora il terzo non sia più interessato, di non cedere più la quota (in senso conforme cfr. Tribunale di Milano Sentenza n. 5705/2013 pubbl. 24 aprile 2013).
Il provvedimento in questione si sofferma, altresì, su un ulteriore profilo altrettanto interessante, vale a dire quello relativo alle modalità di esercizio del diritto di prelazione.
I Giudici di Milano, infatti, precisano che il diritto dei soci di esercitare il diritto di prelazione “in proporzione alle quote dagli stessi possedute” - come indicato nello Statuto – va inteso quale regola applicabile esclusivamente nel caso in cui più soci dichiarino di voler esercitare il diritto di prelazione e non nell’ipotesi - quale quella oggetto del presente giudizio - in cui solo un socio intenda avvalersi della clausola in questione: in questo caso, infatti, la prelazione sarà validamente esercitata solo a condizione che il Socio sia disposto ad acquistare l’intera partecipazione indicata nella Denuntiatio.
L’analisi del presente caso evidenzia come l’interpretazione della clausola di prelazione costituisca spesso motivo di controversia tra Soci, in quanto accade non di rado che la predetta clausola venga predisposta senza distinguere le due ipotesi, vale a dire quella in cui solo un socio eserciti il diritto da quello in cui più di uno intenda avvalersene.